Strana città Palemmo.
L’ho vista per la seconda volta, e anche in questo caso di sfuggita. La prima perché ero andato a un evento di spinning poco fuori città, e non sono riuscito a spostarmi al centro per il classico tour da turista. La seconda, invece, perché l’evento lo facevo proprio io, perciò ero andato lì per lavoro e non mi sono goduto quasi nulla di tutto il resto.
Se non una passeggiata dalla periferia al centro.
Strana città, appunto.
Perché a Palemmo si vede che i secoli hanno lasciato il segno nella vena artistica, ci sono palazzi che sembrano usciti da un film di Fellini, eleganti e immortali. Poi, però, poco più in là c’è sempre una catapecchia diroccata, senza un pezzo di tetto o con qualche finestra rotta.
A Palemmo c’è profumo di mare.
Ma anche di pesce buttato a un angolo a imputridire.
A Palemmo è pieno di piccoli vicoli e stradine. Sembrano affascinanti, alcuni dei quali con degli strani lampioni che illuminano la strada con una luce fioca.
Eppure non mi davano senso di familiarità.
Anzi.
E infatti non mi ci addentravo mai.
E mentre passeggiavo ho fatto fatica a capire la città, e un po’ mi ci sono distaccato.
Fortuna che c’ha pensato un bel “pane e panelle” e un cannolo della Focacceria di San Francesco a riconciliarmi.
Oltre al semplice pensiero che gli uomini, lì, penso che vivano una vita tranquilla.
Sono tutti “Salvi”.
E mentre passeggiavo sembrava che ognuno si conoscesse. Che fossero tutti parte di una o di poche più famiglie.
Ma credo che in fondo a Palemmo la gente si voglia un sacco bene.