Quella mattina tutto era filato liscio come programmato. Sono una brava organizzatrice, lo sapete? Ma per fortuna mio marito è un altrettanto bravo collaboratore. Avevamo entrambi tante cose da fare e poco tempo a disposizione. Il cane da portare fuori, la spesa, la colazione. Lui poi con la macchina da far lavare e io, invece, dal parrucchiere a pettinarmi i capelli. Infine, i vestiti: io il mio l’avevo acquistato in settimana, un’offertona durante i saldi. Maurizio si sarebbe messo il solito gessato grigio scuro. Francesco invece un completino pantalone blu, camicia jeans, cravatta chiara con Topolino disegnato ovunque, in nome della fantasia fanciullesca.
Al matrimonio di un caro amico di mio marito, Luigi, che si sposava in chiesa dopo 5 anni dal rito civile e due bambini di 5 e di 2 anni, eravamo arrivati ovviamente puntuali. E alla celebrazione c’era più gente del previsto.
Noi, al banco, sedevamo vicino a Marika, la moglie di un altro loro amico del gruppo storico del liceo, ad Alberto (appunto, l’altro amico storico), e a loro figlio Gianluca. Ultimamente con Marika e Alberto ci vedevamo sempre meno ma, se devo essere sincera, sarà per il tempo che ormai va troppo veloce e non concede più a niente e nessuno (vi avevo detto che ero una brava organizzatrice? Ecco, allora vi dico che lo sono perché ho imparato a scegliere le priorità), o sarà perché ultimamente non ho molta fantasia di invitare amici, amici di amici e parentele varie… che alla fine la nostra casa è spesso chiusa o non stiamo troppo in giro per incontri mondani.
E la cosa bella è che Maurizio non mi ha mai fatto parola, di questa nostra sonnolenza relazionale, in questi ultimi… beh, ormai saranno 4, 5 mesi. O forse molto di più, e abbiamo semplicemente perso il conto. Ma chissà, magari non interessa nemmeno a lui. E forse non saprei come reagire qualora Maurizio mi dicesse, a sorpresa, qualcosa sancisce la fine della nostra relazione.
«Le cose non vanno, è meglio se ci lasciamo». Poche parole con la faccia seria, e lo sguardo diretto.
La verità è che non riesco effettivamente a immaginare una scena simile, e i relativi e conseguenti stati d’animo.
Ritorniamo però al matrimonio. Eccolo lì, all’estremità del banco, in piedi con il libretto in mano a seguire attentamente il Vangelo letto dal Sacerdote. Maurizio è attento, sembra che non gli sfugga una parola. D’altronde l’amico è anzitutto il suo, io e Francesco siamo venuti solo ad accompagnare.
Poco dopo, all’uscita della chiesa, mi ritrovo di nuovo accanto a Marika, entrambe con un pugno di riso in mano. I nostri figli, con altrettanto riso, si sono invece fatti avanti tra la folla per prendere i primi posti ed essere pronti a inondare i festeggiati. Mio marito invece è defilato sulla destra, insieme ad altri suoi ex compagni di classe e principali protagonisti della festa insieme allo sposo.
A un tratto il marito di Marika si stacca dal gruppo di amici, le fa un cenno e, con il cellulare in mano, si allontana a fare una telefonata. Lei non annuisce ma lo segue per qualche passo, poi torna a guardare davanti. Ha un’espressione pallida, è smarrita. Lo intuisco dai muscoli rigidi intorno alla bocca, visto che indossa degli enormi occhiali da sole.
«Hey» infittisco la voce. «Che succede?».
Lei si risveglia dallo strano imbambolamento dove si era persa per un attimo.
«Niente… Niente di che».
Sospiro. «Ossia? Marika hai una faccia troppo bianca per sembrare viva e presente in questa già noiosissima festa di matrimonio. Non mi freghi».
Marika si gira di nuovo a controllare il marito, per vedere quello che sta facendo. Mi volto anch’io. L’uomo cammina con una mano in tasca e l’altra con il cellulare incollato all’orecchia, mentre chiacchiera apparentemente sereno.
Poi torna a guardarmi. «Alberto mi ha tradito» tuona prendendomi ovviamente in contropiede, con le sue parole. Nessun preambolo, da parte sua, nessuna richiesta di abbraccio e, visto il tema, neanche un pianto isterico.
«Prego?» le dico ancora in preda all’incredulità. In quel momento, ecco uscire gli sposi. Con la coda dell’occhio noto, intorno a noi, delle braccia che si alzano immediatamente come catapulte che lanciano riso. E poi urla, fischi. E ancora riso. Io, invece, rimango con il pugno pieno a fissare Marika che, ugualmente, è pietrificata a osservare la coppia che viene subissata dai chicchi bianchi.
«Mi ha tradito, e sta continuando a farlo» aggiunge subito prima di lanciare anche la sua parte di riso verso chissà dove, con un gesto meccanico. Io, diversamente, non faccio nulla, e rimango a guardarla. Le mani allora cominciano a sudarmi, e i chicchi ad appiccicarsi alle dita. Marika dà un colpo di tosse, tira su con il naso. I muscoli della faccia, di nuovo, tornano duri come corde di una chitarra. Intuisco, butto subito il riso a terra e racimolo un fazzoletto dalla pochette. Lei nel frattempo prende aria e si ricompone in meno di un secondo. Probabilmente non è la prima volta che le è capitato, e sa che deve evitare queste situazioni per lasciarsi andare.
«Grazie…» mi dice comunque, prendendo la salvietta.
«Sei sicura di quello che hai detto?» le domando.
Lei si soffia il naso. «Certo. Me l’ha confessato».
«E che hai deciso di fare?».
«Per adesso? Nulla, Diletta» Marika mi guarda, poi accartoccia il fazzoletto e se lo mette in borsa, prendendo ancora aria con affanno. «Proprio nulla. Anche perché non posso fare, nulla. È solo un gran casino… Un gran casino».