Ne avevo sentito parlare. Ma in realtà non avevo mai visto nulla da così vicino.
Eppure l’idea del “dolore” io ce l’ho bene in mente. Ad esempio quando ebbi il problema del varicocele. Ma non tanto prima dell’operazione, quanto dopo, quando sfortunatamente mi si formò un ematoma… Proprio lì. Una bella sfiga eh?
E un dolore lancinante.
Ripeto, lancinante. Quasi da svenire, da stare piegato in due. E per almeno mezzora, a volte un’ora. In certi casi mi ci addormentavo, sperando che al risveglio tutto sarebbe tornato a calmarsi (cosa che in effetti accadeva).
Ma credetemi. E quando dico credetemi, vi prego di fidarvi. La sofferenza che ho visto nel viso e nel corpo di una donna al momento del travaglio, non raggiunge la stessa soglia.
Sono appena tornato da un ospedale dove sono andato a trovare una coppia di miei cari amici, di cui lei ormai sull’orlo del parto. Con le doglie, appunto.
Già, le doglie. A me hanno sempre fatto tenerezza. Mi hanno suscitato pensieri dolci tipo “donna umile che sfida l’ “ignoto” del parto, per mostrare come la vita ha preso forma nel suo corpo”.
Ecco, una cosa del genere. Una sorta di martire pronta a resuscitare con il figlio in braccio.
Eppure, ragazzi, era da tempo che non vedevo soffrire qualcuno così.
Ma forse è un prezzo che la natura presenta per la grandiosità di quello che sta per accadere dopo.
Non tutti i parti sono così travagliati. Ma quelli che lo diventano, forse, lasciano una traccia nella parte più profonda dell’anima della donna.
Un piccolo angolo di invincibilità.