Abbasso i pantaloni con cautela. I segni non ci sono più.
Forse, prima, c’erano solo quelli fatti dall’osteopata con la matita, dopo che aveva sondato le cosce e trovato il nervo infiammato. Esattamente all’inguine, un nervo che scendeva fino a giù, lungo tutta la coscia, al ginocchio.
Prima, poche ore fa, i segni erano 5. Sì esatto: 5 punture. L’osteopata mi ha anche spiegato cosa faceva, con quella siringhetta, a cosa serviva, qual era la sua idea rispetto a tutte queste infiammazioni.
Io non è che abbia capito molto.
A me basta solo menzionare, la parola siringa, e far passare quell’ovatta umida sulla parte interessata. Alla fine le punture sono state 7: 5 da un lato, 2 dall’altro.
Da quello che ho provato a capire, tra il prosciugamento di saliva in bocca e l’ansia del “farà o male oppure no”, mi è stata iniettata una miscela innocua, a base di una sostanza disinfiammante che può far solo del bene.
“Guarda qua”, mi dice l’osteopata, “neanche una goccia di sangue”.
E bravo osteopata, davvero.
Ma a me non è che piaccia molto lo stesso.
E non mi spiego il perché.
Già qui avevo parlato della mia relazione con il “nervo vago” (https://minirotaie.wordpress.com/2014/11/22/nervo-vago-non-ti-temo/ ).
E le cose non è che siano poi così cambiate.