12 giorni all’alba.
Ma è impossibile fermarsi. Si sta come quando si sta per terminare la salita di una montagna russa. E voi… cazzo, voi siete proprio lì! Seduti all’ultima fila del trenino, con le mani incollate al manubrio davanti, il respiro bloccato e la salivazione ormai scomparsa.
Le ruote, sì… Le piccole ruote scalzano sui binari, ed è un rumore sordo, tenebro. Perché sapete bene che fin quando non è finita l’arrampicata, il salto nel vuoto non accade.
Ma poi, BUM.
Alla fine quel momento arriva.
Ed ecco perché ho provato a fermare il tempo. A capire cosa vuol dire stare a guardare, vedere il sole che sorge, e il significato della luce che massaggia un paesaggio. Entra morbida, leggera, prima nel cielo e poi, dopo poco, anche sulle parti alte della città.
Erano 6 gradi, stamattina alle 7 e mezza. Roma era pressoché ferma, in attesa del delirio che sarebbe arrivato di lì a poche ore, in una delle due domeniche più caotiche dell’anno.
Il Natale è così. Prendere o lasciare. Sognare o lasciar passare, senza pensarci più.
Esserci o dimenticare.
Questa città è esserci o dimenticare. E mi rendo conto che basta vederla ad altri orari, in altri momenti, per sapere che c’è dell’altro.
Di bello, altro.
Sì è vero. Immagino che direte che non si vive solo alle 7 di mattina.
Fa nulla.
Mi piace pensare che quello che conta è trovare i momenti per cui vale la pena di farlo.
Bell’articolo, complimenti!
Grazie! 🙂