A un tratto ho dato un’occhiata al cellulare. L’ho scorso, tra i vari messaggi che avevo ancora in memoria.
Niente.
Poi ho fatto una verifica anche tra le e-mail. Erano molte di più, quindi non sono stata troppo a guardare, giusto il mittente e l’oggetto, senza entrare nei dettagli del contenuto.
Ma niente anche lì.
Nei miei 41 anni di vita, ho sentito più di una volta qualcuno dire che tutti noi abbiamo sempre qualcosa da nascondere. Qualcosa che sarebbe meglio che non venisse visto o letto da parte degli altri, soprattutto dal nostro partner. Un’e-mail di un pretendente, un messaggio scherzoso di un collega.
Ecco, devo essere sincera. Io, di tutto questo, non ho nessuna traccia. Non ho proprio nulla da nascondere, a mio marito. Nulla di cui lui non si fiderebbe, nulla che rappresenta un mistero, qualcosa da cui fuggire, o qualcosa verso cui, fuggire. Un ricatto, una paura o una palla al piede.
Però non penso che sia per questo motivo che alla fine ho fatto quello che ho fatto. E a dire il vero non lo so proprio, perché è accaduto, e perché gliel’abbia proposto proprio io. A 41 anni ritengo che, se si va fino in fondo, esiste una risposta per tutto. Solo che non sappiamo esattamente quando questa arriva.
E io per il momento non voglio farla arrivare.
Posso essere così, irresponsabilmente incosciente da non chiedermi, da non pensare?
Sto andando a cena con uno sconosciuto. Per giunta è stata una mia idea. E allora? Voglio conoscere il senso che fa. Non mi è mai accaduta una cosa simile in 13 anni che sto con Maurizio. Ovvio, non sono la donna-santa-perfettina. Ho tradito, nella mia vita. L’ho fatto una volta, tantissimi anni fa, ma si trattava di una relazione che era già finita, anzi, che continuava solo nell’immaginario mio e del fidanzato di allora. Perché è vero: quante cose accadono solo nella testa e che sono semplicemente realtà parallele.
Forse ho detto una cosa scontata? Magari sì. Allora scusatemi. Però diciamolo pure: è la cosa scontata, a essere più difficile da accettare, perché proprio nella nostra testa si forma la ragione, il motivo di essere, ciò che speriamo, che vogliamo sia nostro, ciò a cui tendiamo.
E se invece si tratta di una realtà che non esiste… allora che succede? Di che parliamo? Dove ci troviamo? Il trauma è forte. Perché non c’è una seconda scelta, a meno che non siamo abbastanza bravi a farcene un’altra, sempre da soli, e sempre nella nostra testa.
Io stasera non sto facendo nulla di male. Io stasera voglio cenare, e senza cucinare. E non voglio mangiare da sola, né con mia madre che mi rompe le palle con “chissà quando papà ritornerà a camminare bene”.
Ecco: io stasera non voglio preoccuparmi per nessuno. Voglio avere tutto il tempo per me. Ve li ricordate i 4 secondi che aspettavo in ascensore prima di arrivare al piano, dove immaginavo di essere padrona completa della mia vita? Ve l’ho raccontato proprio nel primo capitolo di questa storia. Ebbene, oggi ho deciso di essere padrona di me stessa per più di 4 o 5 secondi.
Passerò da casa, mi darò una rapida truccata e mi chiuderò la porta del cancello dietro le spalle. La devo dire tutta? Non voglio preoccuparmi neanche di mio figlio. Per Francesco basterà una chiamata fra poco, prima di uscire.
Aria.