Il tipo entra nel lotto dove siamo fermi con il mirino appoggiato sugli occhi, a fotografare. Si sofferma a guardarci. Chissà quanti ne ha visti, come noi, di gruppi di fotografi che girano per il quartiere a immortalare angoli, linee e colori in una zona di Roma che meriterebbe avere visite guidate a ogni ora.
Poi però si avvicina.
“Ao, ma de dove siete, voi?”.
Maurizio gli risponde. “Di Roma, di Roma…”
“E de che parte, de Roma?”.
“Beh, varie parti… Centro, Roma nord…”.
“Se, ciao coreeee”, e s’allontana salutandoci con la mano.
Romanità pura di Roma, alla Garbatella. Solo qui rischi di essere straniero in patria. Anche se l’intercalare romano ce l’hai, eccome se ce l’hai, ma non basta. Non puoi essere uno di loro se non sei nato lì, o se almeno non ti hanno adottato dopo chissà quanti anni di residenza.
E sì che ne varrebbe la pena, perché di case deliziose ne abbiamo viste a ogni lotto. Ma soprattutto profumo di bucato appena fatto, panni stesi ovunque, signore che ricordano le classiche nonne che preferiscono non farsi fotografare, ma che ti invitano a entrare nei lotti, nelle loro stradine, nei loro territori.
Garbatella è bella anche per questo. Ti senti parte del posto subito, anzi, temi di non essere all’altezza di quello che ti offre.
E poi ragazze che chiacchierano, bambini che giocano, pratini colorati, palazzi ristrutturati a metà, persino un Harley Davidson.
Infine dei messaggi d’amore scritti sui muri. Scritte che vivono e cambiano perché, le storie di coppia, vivono e cambiano anch’esse. Basta solo lasciare al tempo il suo ruolo.