Ho fatto recentemente un corso di formazione sul problem solving. Interessante, il tema, sebbene credo l’esperienza nel risolvere i problemi, al di là del talento, possa essere la risorsa principale da mettere in gioco. E ciò che fa la differenza e, per certi aspetti, mantiene l’autostima.
A parte questo, quando capita di avere a che fare con certi “coach”, durante i corsi si parla un po’ di tutto. E a un tratto abbiamo finito col parlare il tempo. Il tempo che scorre, che è veloce, ma a ritmi diversi.
“Perché quando si è più piccoli il tempo è più lento?”, ci aveva chiesto il coach.
Forse la risposta la sapevamo, ma lui ce la volle dare senza attenderci.
“Perché da piccoli si vive la vita in modo molto meno routinario. E’ la routine, infatti, che accelera i tempi, ma che allo stesso modo limita il valore della nostra esistenza”.
Ecco qua.
Ora, diciamocelo: a me spaventa la routine.
Ma d’altronde a chi non spaventa.
E forse l’accettazione, che è uno dei processi più difficili da mettere in piedi fino in fondo – quando qualcun altro (o qualcos’altro) decide per noi – ha anche in questo caso un ruolo fondamentale.
Solo che non può essere solo una questione di accettazione.
E’ anche una questione di aria, di colori, di tentativi, di chiudere gli occhi – schiacciarsi le narici con le dita – e tuffarsi.
E poi, girare, voltare. E di nuovo aria colori e tuffi.
Ma mai fermarsi, se non quando si è stanchi, per rifiatare. Il giusto riposo, della mente e del corpo.
Secondo me, altro che routine. Quando si corre con la mente, e poi si mette in pratica, in fin dei conti si rimane sempre un po’ bambini, e il tempo vola ancora più veloce.
Ma si è anche contenti.
Strano, qualche tempo fa ho scritto anche io un <a href="https://tiserveunamano.wordpress.com/2013/11/30/la-mia-teoria-sul-tempo-che-passa/"postsull’argomento. Anche io riflettendoci ho avuto la stessa sensazione, più passa il tempo più questo “prende velocità”