Minirotaie

Regarding life course and its intersections

 

Cinnamon rolls comp

Cinnamon Rolls

Ho imparato che c’è un tempo per tutto. Per quello che deve ancora accadere, che ancora non conosciamo, e che per quanto proviamo a programmare può rappresentare sempre una sorpresa.

E poi c’è un tempo per quello che è già accaduto. Che sia “chiuso” o no, però, questo sarà sempre il destino a rivelarcelo.

E ho imparato che esiste il tempo per noi. E il tempo che ti dettano gli altri.

Oggi ho assecondato entrambi.

E mi sono fermato. Poi ho messo quindi insieme tanti ingredienti. Farina, zucchero, burro, latte, zucchero a velo, zucchero di canna,uova, lievito di birra, cannella.

Fatto questo, ho aspettato.

Prima 1 ora per far lievitare il “lievitino”. Poi 2 ore per far lievitare la massa. Poi ho steso l’impasto, l’ho ricoperto con la crema, e l’ho arrotolato. Ho atteso altre 2 ore che il rotolo si amalgamasse in frigo. Poi ho tagliato, ho fatto le forme, e ho messo di nuovo a lievitare. Per 1 ora e mezzo.

Dopodiché in frigo, un’altra ora abbondante.

Infine, la cottura, circa 20 minuti, a 180 gradi.

Non ho voluto contare la somma complessiva. Non mi va. Forse ho perso il senso, di questo tempo. O forse mi sono semplicemente lasciato cullare.

Oggi dovevo solo occupare gli spazi, perché per il resto, i ritmi, non li dettavo io.

Oggi è stata domenica in tutti i sensi.

il-segreto-della-fedeltà

Leggevo oggi, sul Corriere della sera, alcune statistiche interessanti.

L’Independent (giornale inglese) ha analizzato alcuni dati provenienti da siti web di incontri, e pare che in Italia il 45% degli adulti (non è specificato il sesso) ammetterebbe di aver avuto relazioni extraconiugali. Quasi 1 su 2.

Del tipo: avete davanti a voi una coppia di amici? Ne avete anche un’altra? Ecco, in una delle due, quasi certamente, c’è un tradimento.

I motivi sono i più diversi. Tempi di permanenza del partner fuori casa (per lavoro certo… ma si fa per dire ), i mutamenti degli obiettivi e la situazione di crisi ormai onnipresente, l’usura del rapporto per la cura dei figli (come se la colpa adesso ce l’avessero loro).

Ed ecco che, sorpresa, dalla legge delle unioni civili esce fuori il principio di fedeltà.

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Quando ti trovi la mattina presto al Ghetto di Roma, non fai altro che immaginare. Com’era qualche secolo fa, il Portico d’Ottavia. E i vari mercati. Tanta gente.

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E poi molto tempo dopo. La seconda guerra mondiale, la deportazione, i nascondigli.

Il Ghetto, quello che c’è dietro lo struscio della via principale, è tutto, un nascondiglio. Cunicoli, lanterne, porte di legno con catenacci. Grate. Piazzette con fontane (o fontanelle). Non è fatto per perdersi, non è come Trastevere. Il Ghetto ha un non-so-che di mistero, un non-so-che di ignoto, che forse è sempre appartenuto a questo piccolo quadrilatero di viottoli.

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E che non si scoprirà mai, altrimenti non sarebbe più il Ghetto. Si comprende solo che, di lì, è passata tanta storia, continuamente.

L’unica cosa certa è l’aria che si respira. A parte il vento umido di stamattina.

 

Ma sarà perché è Roma. Sarà perché è il Ghetto.

Eppure il cibo non manca mai.DSC_0669 comp

Pizza bianca calda, dolci alle mandorle, carciofi alla giudia. Il profumo di una cucina sempre accesa ti accompagna per tutte quelle stradine strette, fin dalle 10 di mattina.

E ti fa compagnia.

 

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Supereroe comp

Mi ricordo di quando facevo l’uomo ragno. Oppure lo sceriffo. Ma poi alla fine ciò che contava era l’arma con cui combattevi contro gli altri. Per una stagione ho avuto anche la spada (se non ricordo male ero una specie di Zorro) ma… forse è stata la stagione peggiore. Appena arrivava qualsiasi gangster o soldato, venivo fregato in un attimo.

Poi, con gli anni, siamo diventati più sofisticati. A un certo punto abbiamo messo su un gruppo “Matrix” dove io ero finito a fare il poliziotto, con l’auricolare e la cravatta e che inseguiva continuamente Neo per tutto il locale.

Meglio così: inizialmente mi avevano proposto di fare l'”operatore”, e mi sarei dovuto dipingere di marrone la faccia… Anche se girare di notte con gli occhiali scuri non era proprio il massimo.

Per non parlare di quando quella volta ho fatto il rapper giamaicano, con parrucca nera con le treccine e catenona al collo.

Fortuna che non mi è mai piaciuto fumare.

Ma alla fine ha poca importanza. Perché hanno importanza i colori. La creatività. L’intraprendenza.

E anche se ci si vuole travestire da super-eroe, alla fine bisogna volerlo essere fino in fondo.

Verità

Giulio Regeni era un ragazzo giovane, che ha perso la vita in Egitto.

Importa poco cosa faceva lì, sebbene pare che ci fossero implicazioni anche su questo fronte, rispetto alla sua morte. E si potrebbe parlare tanto delle dinamiche che riguardano la sua scomparsa, ma non mi va che trovino spazio nel mio blog.

Giulio Regeni però scriveva anche – sotto pseudonimo – sul Manifesto riguardo i diritti dei lavoratori in Egitto.

Ora questo ragazzo non c’è più, e Il Manifesto vuole pubblicare domani il suo articolo, sebbene i suoi genitori abbiano diffidato il giornale – attraverso i loro legali – dal pubblicare l’articolo.

Bene, questi i fatti.

Io non so cosa accadrà domani. La questione però è molto semplice: a me non piace vedere la pubblicazione di quell’articolo.

Perché nonostante io possa essere molto curioso, a questo punto, di leggere cosa scriveva quel ragazzo che in questi giorni occupa le prime pagine di tutti i giornali, rimane il fatto che la volontà dei genitori debba essere rispettata e, poi, assecondata.

E’ una questione di senso di rispetto. E di responsabilità.

Anche Il Manifesto ci farebbe una più bella figura (basterebbe che il direttore facesse un editoriale citando gli argomenti dell’articolo) invece di inseguire come al solito il profitto a ogni costo.

Anche se tutti, me ne rendo conto, dobbiamo pretendere la verità, famiglia e giornale in primis.

Ecco.

Come è ormai noto in Italia, alla stessa stregua di altri paesi, ci sono realtà che inseguono i profitti a ogni costo.

Solo che qui, troppo spesso, dimostrano di non saperlo fare bene.